lunedì, marzo 02, 2009

Working Class Hollywood

Il cinema ha sempre parlato poco del lavoro, preferendo, come avvenuto ad esempio nel neorealismo italiano, concentrarsi su soggetti sociali come i poveri o i disoccupati, o, come nel cinema hollywoodiano, dando spazio ai professionisti e ai manager più o meno rampanti.
Il perché di tale esclusione, che risale agli albori del cimena, tenta di spiegarcelo il libro di cui parliamo oggi. Non è un testo nuovo (è stato pubblicato nel 1998), è di un autore americano, Steven Ross, che dirige il Dipartimento di Storia presso la University of South California, e non è mai stato tradotto in Italiano, per cui chi lo vuole leggere dovra’ acquistarlo, per circa 27 dollari, su Amazon o richiederlo tramite il prestito interbibliotecario e poi sforzarsi un po’ con l’inglese.
Nonostante tutte queste difficoltà, se siete appassionati di storia del lavoro e del cinema, è una lettura imperdibile. Il titolo del libro è evocativo: Working Class Hollywood, Hollywood e la classe lavoratrice.
Ross prende in esame la ricca produzione cinematografica americana nei primi tre decenni del ‘900, tra il 1907 e il 1930, scoprendo che in quell’epoca moltissimi film muti (oltre 200 film) prodotti ad Hollywood, all’epoca nascente centro della produzione cinematografica, avevano per oggetto le classi lavoratrici e i conflitti di lavoro. Registi famosi dell’epoca, come Charlie Chaplin, D. W. Griffith, e William de Mille giravano film che avevano per tema i lavoratori e la difesa dei diritti della classe operaia contro i loro nemici, i capitalisti.
Poi vennero alla ribalta gli stessi operai, che divennero registi e produttori di film di protesta, realizzando titoli come A Martyr to His Cause (del 1911, dedicato alla nascita del sindacato AFL) o The Gastonia Textile Strike (del 1929, un documentario realizzato dal cameraman Sam Brody in presa diretta durante lo sciopero delle fabbriche tessili di Gastonia, in South Carolina, che documenta tra l’altro la brutalità della polizia contro scioperanti e sindacato). Questi film raccontavano una classe operaia forte ed unita che tramite scioperi, sindacati e comportamenti radicali intendeva trasformava l’America. Questi film erano considerati tanto pericolosi che Edgar Hoover, dal 1924 direttore del FBI, aveva creato una sezione della polizia per spiarne i registi e gli attori.

I film operaisti e radicali scomparvero dalle scene verso la fine degli anni Venti. In quel periodo, che segnera’ il passaggio dal muto al parlato, nasce il sistema dei grandi Studios californiani, che grazie ai finanziamenti di Wall Street iniziano a realizzare colossal, assumono registi, tecnici e attori, comprano sale di proiezione e teatri e possono così attuare un controllo capillare della produzione cinematografica. In questo nuovo sistema, ovviamente, non c’e’ posto per la classe operaia e per le fabbriche e i film veicolano l’immagine di un’America benestante e consumista, senza conflitti sociali e senza classi. Sarà un falso storico, ma molto ben riuscito.

Working-Class Hollywood: Silent Film and the Shaping of Class in America
Steven J. Ross,
Princeton University Press, 1998

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