lunedì, marzo 02, 2009

Se il mondo reale censura quello digitale

In passato il mondo della politica stentava a capire le logiche a cui si ispira Internet. Con una allarmante periodicità, cercava di “intrufolarsi” in questo universo con leggi e decreti assolutamente inapplicabili, che finivano solo per creare oneri gravosissimi e inutili. Norme peraltro facilmente aggirabili, grazie proprio alla struttura aperta della rete. Un esempio: quando si decise di oscurare il sito Pirate Bay, accusato di fornire collegamenti a materiali coperti da copyright, fu adottata una tecnica detta “filtraggio”. Inutile dire che il sito indicò immediatamente un sistema, perfettamente lecito, per ignorare la limitazione. Ma qualcosa sta cambiando: sembra infatti che la politica oggi capisca meglio Internet, ed iniziano a comparire proposte di legge che vanno –casualmente? – in direzione di una limitazione dell’ampia libertà che ora vige sulla Rete. L’attacco è partito circa 18 mesi fa, quando il senatore del PD On. Levi presentò una proposta di legge sull’editoria, che avrebbe portato alla chiusura di migliaia di blog, forum e siti, equiparati a testate giornalistiche, con conseguente obbligo di nominare un direttore responsabile e attivare rigide procedure di registrazione. Le critiche furono molte, il Sen. Levi promise modifiche, ma poi ha ripresentato la legge quasi identica alla prima occasione. Il Times fu lapidario: si tratta di un “attacco geriatrico ai bloggers italiani”. La seconda mossa contro la rete viene dal senatore dell’UDC D’Alia, che il 5 febbraio 2009 inserisce nel decreto sulla sicurezza un emendamento (Art. 50-bis) inteso a chiudere i siti e i servizi internet che istigano a delinquere. Buona idea? No: la norma è tanto maliziosa da portare alla chiusura indiscriminata di portali come YouTube o Facebook . Il terzo attacco viene dalla deputata Carlucci, che nel recentissimo DDL 2195 vieta l’immissione in rete di qualsiasi contenuto in maniera anonima (apparentemente dimenticando che i provider, in caso di richiesta del giudice, possono fornire l’identità di qualsiasi proprio utente). Ci sembra un vero a proprio accerchiamento: la politica ha capito che, piegata l’editoria e la TV, bisogna ridurre gli spazi di liberta su Internet. Ma che ci riesca è tutt’altro che scontato: la grandezza di internet è che per ogni limitazione si genera per reazione un nuovo spazio libero, dal citizen journalism al personal broadcasting. E’ la Rete, Onorevoli.

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