sabato, ottobre 29, 2005

Trenta denari digitali.
Di Patrizio Di Nicola per Rassegna Mese, settembre 2005.


Molti speravano che il mondo digitale sarebbe stato migliore di quello reale. Alcuni ci hanno anche creduto. Manuel Castells, uno dei massimi analisti della società informazionale, ricorda nel suo libro Galassia Internet (Feltrinelli, 2002) che tra le culture fondative della Rete vi erano il business, ma anche le culture libertarie prodotte nei Campus americani negli anni Settanta. Oggi scopriamo, grazie alla triste storia di Shi Tao, giornalista cinese, condannato a 10 anni di prigione per aver criticato in una email una circolare governativa, che il virtuale può essere peggiore del reale.
Come hanno fatto i cerberi del regime orientale a intercettare quella email? Semplicissimo: il provider di posta elettronica, l’americanissimo Yahoo, ha consegnato le email sospette di Shi Tao nelle mani della polizia cinese. Un atto dovuto, si dirà: se stai in un Paese devi rispettarne le leggi. Invece no. Yahoo cinese ha base a Hong Kong, che in materia di informazione e censura ha uno statuto autonomo e meno opprimente. Ma l’azienda californiana (e con lei i più titolati concorrenti) pur di operare nel grande paese asiatico è disposta a tutto. Sin dal 2002 aveva firmato un infausto codice di autodisciplina che la obbliga a rispettare tutte le regole di censura (e sono davvero molte: tra le parole vietate nell’internet cinese vi è “democrazia”, e il sito della BBC, considerato pericolosissimo, è irraggiungibile) decise dalle autorità. Fregandosene anche dell’ONU, che nel 2003, aveva emanato una dichiarazione, detta “Global Compact” che chiedeva alle multinazionali di essere socialmente responsabili e non collaborare con regimi che non rispettano i diritti umani. Ma gli affari sono affari, e quasi per caso, dopo questo bell’atto di giustizia, il famoso portale ha vinto, ai primi di agosto, la gara per accaparrarsi un ampio pacchetto azionario del più grande portale di e-commerce della Cina. Un bell’affare, che almeno vale più dei famosi trenta denari.

venerdì, ottobre 28, 2005

La soddisfazione del cittadino digitale.
Di Patrizio Di Nicola per Rassegna Mese, agosto 2005.


Nella cosiddetta Economia della Conoscenza l’innovazione assume un valore centrale per la creazione di valore. Le aziende migliori lo sanno e quindi perseguono l’innovazione in continuazione. Anche la nostra elefantiaca pubblica amministrazione insegue l’Innovazione, quella con la I maiuscola. Esempi di Innovazioni abbondano: ad un buon manager pubblico non basta sveltire le attività di sportello solo aggiungendo qualche impiegato. E’ poco innovativo, ci vuole qualcosa di più creativo. Per assistere il difficile compito di pensare a cose nuove per il cittadino, il Dipartimento della Funzione Pubblica, nel 2002, ha avviato un progetto, detto “Cantieri” . Una delle linee di intervento prevedeva che le Amministrazioni imparassero a rilevare la “customer satisfaction” realizzando un questionario, sottoponendolo agli utenti e quindi elaborandone i risultati. In effetti una pensata geniale: come si fa ad innovare se non si conoscono i “clienti”, i loro bisogni e preferenze? Al progetto hanno partecipato 93 Enti, per lo più comuni, ma non tutti, anzi proprio una minoranza sono arrivati in fondo al percorso. Solo 38 amministrazioni sono riuscite a formulare un progetto di senso compiuto, e ancor meno sono quelle giunte all’elaborazione dei dati. Chi ha svolto l’esercizio al completo ha lamentato varie criticità tecniche: difficoltà a definire il campione di analisi, ad elaborare i dati, soprattutto a garantire la scientificità del sondaggio. Insomma: rilevare la soddisfazione del cliente non è per nulla facile, e sarebbe bene che tale attività fosse affidata a chi lo fa per mestiere, siano esse società esterne, ovvero creando uffici interni. Ma la vera innovazione la avremmo se la PA imparasse a fare il mestiere di committente delle ricerche, non quello di ricercatore. Ma certo, quando si pensa alle innovazioni solo se sono a basso costo, o meglio ancora a costo zero, si è sulla strada sbagliata.

sabato, luglio 02, 2005

La patente del cittadino digitale.
Di Patrizio Di Nicola per Rassegna Mese.


Dal 16 maggio 2005, grazie alla pubblicazione della Gazzetta Ufficiale n. 112, sono diventato un “Cittadino Digitale”. Anche voi che leggete queste righe lo siete, anche se magari non lo sapete ancora. L’instancabile Ministro per l’Innovazione e le Tecnologie ha infatti stabilito per decreto che
“I cittadini e le imprese hanno diritto di usare le moderne tecnologie informatiche per tutti i rapporti con qualsiasi amministrazione dello Stato”. Entro due anni avremo diritto a trovare in rete tutti i moduli, i formulari e i documenti per svolgere qualsiasi pratica verso le pubbliche amministrazioni. Aggiunge l’articolo 58 della norma: “ I moduli, i formulari e i documenti che non fossero disponibili in via telematica non saranno più giudicati validi, o almeno non saranno più necessari”. Finalmente si va nella direzione giusta. Non tanto perchè si renderanno informatici i tanti moduli con cui si baloccano i funzionari pubblici, quanto perché, non riuscendo la PA a gestirli digitalmente, a migliaia diventeranno inutili, come prescritto. Finirà così l’incubo del formalismo burocratico, condannato dal grande sociologo Robert Merton sin dagli anni ’50.
Forse la prossima volta che mi ruberanno il portafogli, come avvenuto subito dopo Pasqua, non dovro’ più andare di persona a presentare la denuncia di furto. Cosa peraltro, che non mi e’ poi dispiaciuto piu’ di tanto: ho trovato un agente gentile, che mi ha spiegato molti particolari sui furti e dato buoni consigli sulla mia sicurezza futura. Ma forse dovro’ ancora attendere 2 mesi per riavere il duplicato della patente di guida (e sono stato fortunato: dovendo partire per gli Stati Uniti, dove avevo prenotato una automobile, ho potuto presentare una istanza supplementare per averla in così breve tempo). Quel che mi risulta ancora oggi strano è perché il permesso temporaneo di guida, in attesa del rilascio della nuova patente, valga un solo mese. Sono ottimisti sui propri tempi di reazione? Ma ormai è storia passata: noi abbiamo i nostri diritti digitali. Speriamo solo che non si rivelino virtuali.

giovedì, giugno 02, 2005

E-Government in mostra

Di Patrizio Di Nicola per Rassegna Mese
Giugno 2005

Quando viene maggio accadono molte cose gradevoli: sbocciano le rose, l’aria diventa tiepida e soprattutto, almeno dal nostro punto di vista, si apre il Forum della Pubblica Amministrazione. Una vetrina di quanto la burocrazia si sia rinnovata, di quali progetti stia portando avanti per il nostro benessere, di quanto abbia imparato, per esserci utile, ad utilizzare le tecnologie più innovative.
Quest’anno il Forum è iniziato con una ottima notizia. In un contesto di declino generalizzato del Paese, in cui vengono al pettine tutti i problemi trascurati per tanti anni, almeno la digitalizzazione della P.A. va avanti a vele spiegate, e l’Italia è oggi all’ottavo posto (su 18 paesi, non è stato detto quali) per i servizi online. Quattro anni fa era solo al 12° posto. Un passo avanti notevole, che è costato soltanto un miliardo di Euro. A questi prezzi spero che a nessuno venga in mente di arrivare in testa alla graduatoria.
Certo che sulla digitalizzazione dell’Amministrazione bisognerà investirci ancora molto, e sembra che la maggior spesa sarà in tecnologie. La PA, infatti, ancora non si parla correntemente online, e quindi saranno necessari altri sforzi economici, stimati all’incirca in 1,2 miliardi, per creare lo SPC (Sistema Pubblico di Connettività), cioè un sistema di connessioni che dovrebbe unificare le varie reti telematiche statali, regionali e locali.
Ma la vecchia RUPA? La RUPA, o Rete Unitaria della P.A., era nata da una direttiva della Presidenza del Consiglio del 1995 al fine di permettere (cito dalla direttiva) “al sistema informativo di ciascuna amministrazione, l'accesso ai dati e alle procedure residenti nei sistemi informativi delle altre”. Quindi tale infrastruttura avrebbe dovuto assicurare l'interconnessione telematica di tutte le reti esistenti. E a stare a quanto detto nel vecchio sito del Centro Tecnico RUPA presso la Presidenza, (http://www.ctrupa.it/) dovrebbe esistere ed essere addirittura in funzione sin dal 9 marzo 2000. Ma probabilmente non è così, se oggi serve una nuova rete per fare ciò che si doveva fare 10 anni fa.
Non stupisce, allora, che il recente rapporto Censis sui Cittadini digitali mostri che l’opinione degli italiani sui servizi pubblici, nonostante le spese per la digitalizzazione, sia in costante peggioramento. Nel 2005 solo il 22% degli utenti hanno rilevato un miglioramento (l’anno scorso erano il 37%). E intanto il digital divide imperversa: solo il 7% dei sessantenni usa Internet (a fronte di una media di quasi il 43%). Forse vale la pena di spendere di più in cultura digitale, non in tecnologie.
Il gioco dell’identità digitale

Di Patrizio Di Nicola per Rassegna Mese
Maggio 2005

L’avvento dei computer e di Internet ha portato, oltre che rivoluzioni in campo produttivo, anche ad una società più giocosa. Playstation e games online allietano ormai tutte le case ove sono presenti bambini ed adolescenti. Anche gli adulti sono stati coinvolti dalla febbre del divertimento. Purtroppo, quando i grandi giocano, i risultati possono essere pessimi. Un esempio di divertimento costoso è rappresentato dalla Carta d’Identità Elettronica (o CIE). Lanciata nel 1997 nella legge di riforma della Pubblica Amministrazione conosciuta come “Bassanini bis”, la CIE è stata oggetto, sino al 2001, di legificazione crescente e, a partire da quella data, di sperimentazioni, seppur limitate, in vari comuni italiani. I quali, per aderire al progetto, avevano anche a disposizione un apposito web (http://www.cartaidentita.it), un vero cruscotto di comando, gestito dal Ministero dell’Interno.
Oggi a che punto siamo? Io abito a Roma; recentemente sono andato a rinnovare la carta di identità e della famosa scheda su “supporto in policarbonato sul quale sono inseriti una banda ottica ed un microprocessore” (cito dal suddetto web) neanche l’ombra. A una breve ricognizione si scopre che:
- Il sito web della CIE è ormai defunto da oltre 18 mesi, e nessuno lo aggiorna più (l’ultima “novità” risale a fine luglio del 2003: durante le vacanze, si sa, ci si distrae e forse al ritorno si sono dimenticati di quel sito…)
- Stando a quel sito i comuni operativi con la CIE sono appena 10 (e quasi tutti la rilasciano a piccoli gruppi di individui, proseguendo una improbabile sperimentazione). Eppure, a maggio del 2004 doveva iniziare, secondo le dichiarazioni del governo, il processo che avrebbe portato gli 8102 Comuni italiani a rilasciare in 5 anni 40 milioni di carte di identità elettroniche.

Quanto promesso non è avvenuto, ma almeno speriamo che la sperimentazione sia stata divertente. Nel frattempo gli adulti hanno trovato un altro gioco: la Carta Nazionale dei Servizi (CNS), per l'autenticazione del cittadino in rete. Secondo il governo e le sue agenzie tecniche, come il CNIPA, la CNS è una smart card “che non avendo la funzione di documento di riconoscimento "a vista" del titolare è provvista esclusivamente di un microchip con caratteristiche equivalenti a quelle della Carta d'Identità Elettronica“ . Ma allora, perché fare una carta ad hoc ? Per divertirmi, probabilmente. Indovinate un po’: è iniziato il gioco della messa a punto dei regolamenti e delle leggi, e poi ci saranno le sperimentazioni…
Nel frattempo un’informazione: da novembre 2005 per entrare negli Stati Uniti sarà necessario avere un passaporto digitale. In Italia non si sa che pesci pigliare. Certo, quando il gioco diventa realtà le cose bisogna farle davvero.
E-Government?

Di Patrizio Di Nicola per Rassegna Mese
Aprile 2005

Quasi trenta anni fa, durante il servizio militare, mi fratturai una caviglia. Dopo un periodo di ingessatura ripresi la vita di tutti i giorni. Dato che l’accidente era avvenuto al “servizio dello Stato”, avevo diritto ad una compensazione. Dopo dieci anni mi informarono che la frattura dava luogo ad una invalidita’ permanente. Io continuai la vita di tutti i giorni per altri anni. Un giorno, nel 1992, sentii dei dolori alla vecchia frattura. Il medico decise molte analisi, costose, e mi consiglio’ di recarmi alla USL per essere esentato dal pagamento delle cure. Incredibile ma vero, mi rilasciarono un libretto magico, che mi autorizzava a godere gratuitamente delle prestazioni sanitarie. Ma dovevo pagare in altri modi. Ogni anno, quasi che la fattura potesse sparire come per incanto, dovevo recarmi in quell’ambulatorio e mettermi in fila per tre ore al fine di arrivare ad un minuscolo sportello ove una impiegata apponeva con lestezza un timbro sul “passaporto”. Ripetei quella trafila per tre anni, poi conclusi che non ne valeva la pena.
Passano altri 10 anni, e capito casualmente alla ASL (la A di “Azienda” ne segnala una svolta imprenditoriale). Decido di vedere come funziona l’esenzione del ticket. In fin dei conti nel frattempo sono successe tante cose:
- E’ nata Internet e l’Italia ha investito in progetti di E-Government, nel solo 2004, ben 299 milioni di euro (ma saliranno a 420 milioni: Fonte IDC, 2004)
- La mia ASL è in piena linea con il futuro: ha un bel sito Web e un attestato di eccellenza per la Qualità del servizio.

E infatti molto e’ cambiato: l’ambiente e’ piu’ pulito, una macchinetta stampa al “cliente” il numero di prenotazione. Certo, mi trovo ancora in una fila di 77 persone, ma ora lo so senza doverle contare. Al mio turno, circa due ore dopo, la stessa impiegata di tanti anni prima stampa un nuovo libretto, che questa volta durera’ 10 anni anziché 12 mesi. Una grande innovazione.
Ma siamo certo che servano milioni spesi in progetti di E-Government per ottenere cotanto risultato? E se, tralasciate le sciocchezze aziendaliste, tornassimo semplicemente a fare della Sanità una seria struttura funzionale, che anziché stampare moduli, curi e basta?
Se la formazione è troppa…

di Patrizio Di Nicola per Rassegna Mese.
Marzo 2005


Internet, globalizzazione, terziarizzazione ci hanno condotti a pieno titolo dentro la società post industriale. Come pronosticava nel 1973 Daniel Bell, nella nuova società l’economia sarebbe passata da “labour and machine intensive” (quindi basata principalmente sulla forza delle macchine e sulle braccia del lavoratore), a “brain intensive”, centrata sulla creatività delle menti. La creazione di ricchezza, in questo contesto, fa conto più sull’utilizzo delle competenze astratte che non sulla capacità di costruire prodotti. Con gli opportuni distinguo: tutto quello che ci circonda e che indossiamo nasce da qualche industria, e qualcuno – spesso molto lontano da noi - lo produce in una fabbrica, dove operai in tuta faticano e sudano.
E’ chiaro che nelle economie basate sull’alta intensità di conoscenza la manodopera che serve è quella specializzata nei processi intellettuali e simbolici. Ciò ha portato, anche in Italia, ad aumentare sempre di più i livelli di formazione dei giovani che debbono entrare nel mercato del lavoro, al fine di renderli dei Knowledge Workers. Però… ci si è dimenticati di riqualificare gli adulti occupati e soprattutto di avvertire le aziende che era disponibile tanto capitale umano. .

Classi Sino alla lic.media Scuola superiore o Univ.
di età 2001 2002 2003 2001 2002 2003
15-24 57,1 56,1 54,1 42,9 43,9 45,9
25-34 42,7 40,8 38,7 57,4 59,2 61,3
35-44 51,2 51,3 49,7 48,8 48,7 50,4
45-54 61,5 60,8 57,7 38,5 39,2 42,3
55-64 78,3 76,6 73,9 21,7 23,4 26,1
65 e oltre 88,8 88,5 87,7 11,2 11,4 12,3

Totale 63,7 62,9 60,9 36,3 37,1 39,1


Come si vede dalla tabella sopra, in Italia oltre la metà dei giovani (sino a 34 anni) sono diplomati o laureati, mentre ciò avviene per il 42% dei cinquantenni, per il 26% di quelli attorno ai 60, e per appena il 12% degli over 65. Al contempo Almalaurea ci informa che il 68% dei laureati seguono corsi post laurea e addirittura il 16% frequenta un master, con il risultato di rimandare ulteriormente l’ingresso nel lavoro. L’Isfol, nel rapporto 2004, aggiunge una interessante nota conoscitiva: i moltissimi corsi di formazione offerti dalle Regioni sono frequentati, per il 58%, da giovanissimi sino a 24 anni, mentre gli ultra 35enni rappresentano meno del 9%. Naturalmente il 70% dei corsi ha riguardato profili informatici.
Peccato che, stando ai dati dell’ultima ricerca Excelsior di Unioncamere, le aziende italiane assumeranno nel 2005 soprattutto muratori, camerieri e addetti alla cura delle persone… E soprattutto li cercano molto più giovani dei nostri superspecializzati knowledge workers dotati di laurea e master.