giovedì, agosto 30, 2007

I giovani e la P.A.

Nell’ultima edizione del Forum della Pubblica Amministrazione, tra i molti convegni autocelebrativi organizzati da ministeri ed authority, trovava spazio, un po’ nascosto nelle pieghe del programma ufficiale, un incontro dedicato ai giovani (titolo: Vecchio sarà lei! … Quale spazio c’è per i giovani nella PA?). La domanda è d’obbligo: in un paese che invecchia rapidamente e in cui il potere è saldamente nelle mani di persone over sessanta (e non di rado over settanta), c’e’ davvero qualche possibilità per i giovani? Va subito detto che gli interventi nel blog degli organizzatori della manifestazione lasciano pochi dubbi in merito. Il rinnovamento dovrebbe passare per l’immissione in ruolo di lavoratori giovani e preparati, ma questi, purtroppo, vengono coinvolti nella macchina dello Stato in condizioni di precariato e ovviamente senza responsabilità decisionali. I dati Inps sui collaboratori nel 2006 (la gran parte dei nuovi ingressi nel settore pubblico avviene per tale strada), infatti, ci dicono che la PA ha a libro paga oltre 75 mila persone, neanche molto giovani (età media 39 anni, nel settore privato e’ di 36), ai quali elargisce una sontuosa retribuzione di neanche 8300 Euro l’anno. Per cercare qualcuno più giovane e un po’ meglio pagato bisogna guardare ai ricercatori. Dottorandi di ricerca e borsisti del ministero dell’Università hanno in media 31 anni e percepiscono oltre 11 mila euro. Peccato che a 30 anni, all’estero le carriere scientifiche sono ormai stabilizzate. Un tempo capitava anche in Italia: Fermi a quell’età insegnava Fisica Teorica, dirigeva il gruppo di ricerca di Via Panisperna e a 37 anni avrebbe preso il premio Nobel. Ma quella, ovviamente era un’altra pubblica amministrazione, in cui contavano di più la sostanza che la forma. Ed essere giovani era un valore positivo. Oggi, nella PA, essere giovane significa soprattutto essere precario, una condizione scomoda che li mette alla mercè dei “vecchi” dirigenti dai quali dipende la riconferma nell’incarico. In tali condizioni, ovviamente, innovare è un rischio che non vale neanche tentare.

Nessun commento: