martedì, settembre 08, 2009

Vacanze virtuali
Di Patrizio Di Nicola

Ogni volta che torno dalle vacanze mi chiedo quanto ne sia valsa la pena. Intendiamoci: luoghi interessanti, compagnia gradevole, cibo più che accettabile. Ma quello che mi pesa è arrivare nel luogo del soggiorno. Una fatica biblica. Quest’anno, ad esempio, ho preso un volo per l’America. In teoria 9 ore di viaggio comodo, in pratica l’esodo dall’Egitto. Si comincia con un aereo di una primaria compagnia statunitense, che dopo alcune ore di viaggio si accorge che qualcosa non va. Bisogna tornare ad Amsterdam, dove i tecnici sicuramente metteranno a posto il difetto in pochi minuti. Attendiamo un paio d’ore in aereoporto, poi ci spediscono a pernottare in un triste hotel in mezzo al nulla, da dove ripartiremo l’indomani alle sei di mattina. Insomma, Roma-New York in 28 ore. Il ritorno è solo di poco migliore. Arrivati alle 3 del pomeriggio in aeroporto, la nostra compagnia (questa volta quella con il tricolore, orgoglio e vanto degli italiani che si rispettino) ci informa che il volo è ritardato di 7 ore. Nell’attesa possiamo divertirci a girare in aeroporto, e rifocillarci con la fantastica cifra di 15 dollari, cortesemente offerti per compensare il disagio.
L’anno prossimo mi faccio le vacanze virtuali. Anzitutto visiterò il parco più importante degli USA. Dal sito www.yellowstonepark.com mi vedrò il video dell’eruzione del Faithful Geyser (un evento naturale che avviene ogni 90 minuti), poi percorrerò, sempre in video, il Togwotee Trail, un percorso tra i più belli del West americano. Per finire assisterò alla partenza delle coloratissime mongolfiere in occasione dell’annuale raduno chiamato Riverton Rendezvous. Il secondo giorno di vacanze lo dedicherò alla vista di Santa Monica in California: dopo il parco, il mare. Dal sito www.tripfilms.com mi farò una passeggiata – ovviamente virtuale – sul lungomare della bella cittadina marinara sull’oceano Pacifico, famosa per i canali di Venice e per Muscle Beach, la spiaggia dei culturisti dove si allenava anche l’attuale Governatore dello Stato. A cena ovviamente andrò da One Pico, il nuovo ristorante sul lungomare, non lontano dal famoso pontile con la ruota panoramica, dove potremo mangiare – pur rimanendo a dieta - aragosta ed avocado (ma per i tradizionalisti meglio il classico risotto ai frutti di mare). Per concludere le mie vacanze mi sposterò, ovviamente senza problemi di aereo, ma grazie al sito trip film, a Sydney in Australia, dove potrò rilassarmi con una buona tazza di the verde Bancha nel Chinese Garden, un bellissimo giardino proprio in mezzo ai grattaceli. Agli amici non porterò regali, ma manderò bellissime cartoline. Grazie al sito www.postcards.org potrò crearne alcune con le foto dei posti che ho visitato, e spedirle per email. Ovviamente senza ritardi né costi di affrancatura. L’anno prossimo in vacanza mi divertirò un mondo, ne sono sicuro.
Tecnologie digitali e lavoro
Di Patrizio Di Nicola

1.
Negli ultimi trent’anni i contenuti, le modalità organizzative e i comportamenti individuali collegati al lavoro hanno subito una profonda metamorfosi.
Parte di questi cambiamenti è da attribuirsi all’impatto che le tecnologie ICT hanno avuto e continuano ad avere non solo sui contenuti della prestazione lavorativa, ma anche sul tempo e lo spazio dedicato al lavoro. In fabbrica il ciclo produttivo scandiva l’orologio dell’intera organizzazione sociale ponendo confini netti tra tempo di lavoro e tempo di non lavoro. Il lavoratore moderno si trova invece a dover fronteggiare l'intrusione del lavoro nella vita privata e la mancanza di una distinzione tra lavoro e vita diventa una questione di tipo “culturale” in quanto insiste su credenze, valori, simboli e significati dell’individuo. Tutto questo è incredibilmente incentivato dalle nuove tecnologie della comunicazione e dell’informazione. Oggi l’e-mail raggiunge i lavoratori ovunque; il telefono cellulare li lega all'ufficio anche sulla spiaggia, e molti giorni festivi sono colonizzati dal lavoro. Lavoro e vita diventano come una pelle di leopardo, in cui parti chiare e parti scure si intrecciano senza soluzione di continuità, e pongono a serio rischio la possibilità di bilanciare i due ambiti vitali.

Non si può però sottacere il grande valore che le tecnologie digitali hanno aggiunto nella vita dell’individuo al lavoro, specialmente per coloro che – come ad esempio i quadri - sono portatori di professionalità elevate e agiscono negli snodi organizzativi delle aziende. Questi soggetti sono accomunati dalla necessità di gestire crescenti dosi di conoscenza e di informazioni, velocizzare i processi decisionali e gestire persone spesso le quali sono portatrici di strategie diverse e rapporti lavorativi flessibili. In tale contesto assume un rilievo particolare l’organizzazione del lavoro all’interno delle aziende e, in particolare, l’intensità e i metodi di utilizzo delle tecnologie, che rendono possibile trattare e riconciliare le complessità organizzative.
In fin dei conti, i pionieri dell’adozione dell’informatica nelle imprese e nelle abitazioni speravano di liberare l’uomo dai vincoli spazio-temporali che avevano caratterizzato il lavoro industriale. Ipotizzavano un mondo che, grazie ai computer, si sarebbe affrancato dai lavori ripetitivi e avrebbe permesso di concentrarsi sugli aspetti creativi della professione, magari svolta dalla comodità della propria casa tramite il telelavoro. Ciò nonostante le tecnologie digitali appaiono oggi profondamente ambivalenti: come Giano bifronte, possono aumentare l’efficienza e la soddisfazione del lavoratore, oppure intensificare la sua pena e lo sfruttamento delle risorse umane.

2.
Rispondere alla domanda un po’ retorica se le tecnologie ICT siano amiche o nemiche dei lavoratori è quindi è cosa tutt’altro che semplice. Forse è persino impossibile. Il problema va posto in maniera dialettica, specialmente considerando che le tecnologie digitali sono ormai embedded, cioè fortemente incorporate sia nelle pratiche lavorative (chi potrebbe pensare di lavorare alla vecchia maniera, facendo a meno di Internet?) sia nella vita quotidiana (avete mai provato a lasciare spento il cellulare per qualche giorno in una normale settimana lavorativa?).
Il problema del rapporto tra esseri umani al lavoro e tecnologie va affrontato “pensando all’inverso”. Bisogna capire quale sia l’effettiva libertà del soggetto nello scegliere le strategie di utilizzo delle tecnologie. In una società in cui il lavoro – nonostante il tanto parlare della sua crisi di rappresentazione - incide in modo rilevante nel processo di costruzione dell’identità personale, le tecnologie rendono possibile l’abbattimento delle limitazioni di luogo e di tempo, restituendo al singolo una rinnovata libertà nella costruzione di un personale tragitto di work life balance. In teoria, grazie alle tecnologie, si può decidere di lavorare con alcuni colleghi e non con altri a prescindere dal luogo in cui essi si trovano; oppure si può decidere di telelavorare in alcuni giorni anziché in altri, a prescindere dall’aritmetica del calendario. Ciò non significa lavorare di più, ma solo praticare le proprie personali preferenze, sfruttando a proprio vantaggio la “frammentazione fluida” dei tempi di lavoro.
Eppure questa libertà non è quasi mai data ai lavoratori, ai quali si chiede, proprio in virtù della disponibilità delle nuove tecnologie, di lavorare oltre l’orario di lavoro in ufficio, esercitando una forma di telelavoro addizionale. La mancanza di una distinzione tra lavoro e vita, anziché una questione legata alle tecnologie, diventa quindi un problema culturale ed è influenzata in prima istanza dalla cultura organizzativa. Nelle imprese i percorsi di carriera sono fortemente influenzati dall’importanza della presenza in ufficio e del presidio fisico, il che esclude la possibilità per il lavoratore di autodeterminare luoghi e tempi del lavoro. Per contro, le direzioni aziendali fanno leva sulle tecnologie per spingere verso una flessibilità praticata prevalentemente al di fuori dell’orario contrattuale di lavoro e in aggiunta a questo. In definitiva, la libertà che le tecnologie permettono è tenuta in ostaggio da culture aziendali che guardano al passato e che condizionano il livello di autonomia nello scegliere come e dove lavorare. E che, in qualche modo, snaturano le tecnologie di cui disponiamo.

3.
Per approfondire le tematiche descritte l’Agenquadri Cgil e la Facoltà di Scienze della Comunicazione dell’Università La Sapienza hanno iniziato una ricerca, destinata ai lavoratori ad alta professionalità e ai quadri aziendali. Essa intende comprendere sia come le tecnologie dell'informazione e della comunicazione hanno modificato il lavoro e il rapporto tra tempo di lavoro e tempo di non lavoro, sia quale è stata la risposta dei lavoratori a tali innovazioni, e quale ruolo ci si attende dalle rappresentanze collettive – in particolare come esse possano incidere sul complesso rapporto che lega il professionista in azienda all’organizzazione tecnologica del proprio lavoro. Il questionario per la rilevazione - che si compila direttamente online all’indirizzo www.indaginequadri.it – costituisce un momento sia per comprendere meglio il complesso rapporto che intercorre tra ICT e organizzazione del lavoro, sia per rilanciare un ragionamento senza stereotipi e posizioni preconcette sulle potenzialità delle tecnologie nel favorire il work-live balance.