lunedì, giugno 27, 2011

Perché non è una buona idea aumentare le aliquote contributive dei precari al 33%.
Di Patrizio Di Nicola, Sapienza Università di Roma,
27 giugno 2010

Premessa
Il Governo, nella prossima manovra di finanza pubblica, si avvia ad aumentare le aliquote contributive dei lavoratori parasubordinati (circa 1,7 milioni di persone, un milione di quali collaboratori precari, 230 mila professionisti con partita Iva, la restante parte costituita da amministratori di societa’ ed Enti).
Tale aumento, che farebbe passare l’aliquota contributiva dal 26,72% al 33,72%, equiparandola a quella dei lavoratori dipendenti, verrà giustificata come una operazione di perequazione, intesa a garantire ai lavoratori precari una idonea copertura pensionistica a fine carriera.
Come dimostreremo in seguito utilizzando i dati dell’Osservatorio INPS sui lavoratori parasubordinati, in realtà l’aumento contributivo, andando a colpire lavoratori a basso reddito con scarsissima capacità negoziale nei confronti dei committenti, avrà l’effetto di deprimere ulteriormente le retribuzioni, spingendo verso l’economia sommersa molti professionisti e collaboratori precari, che non troveranno più conveniente stipulare contratti che non garantiscono un reddito dignitoso sufficiente alle esigenze basilari della vita.
Come evitare quindi questa aberrazione?

Le Aliquote contributive
Anzitutto e’ bene ricostruire la “storia” delle aliquote previdenziali della gestione separata, che sono passate in pochi anni dal 10 al 26,7% (e che rischiano ora di subito un ulteriore balzo di 7 punti).


L’effetto delle aliquote sui redditi dei parasubordinati
Gli aumenti di cui sopra sono andati a gravare in larga parte sui collaboratori e sui professionisti. Per i collaboratori, infatti, seppure la normativa preveda che i due terzi del contributo previdenziale siano a carico dei datori di lavoro (e un terzo del collaboratore), molti committenti stipulano contratti con importi “al lordo” di tutti gli oneri fiscali e previdenziali. In tal modo, il previsto aumento al 33,72%, che dovrebbe in teoria comportare un aumento del 2,31% dei contributi a carico del lavoratore (essendo il restante 4,69% a carico delle imprese), porterà per un largo numero di lavoratori – quelli più deboli e ricattabili, come i precari - a una riduzione di fatto del reddito che andrà dal 2,31 al 7%.
I dati statistici forniti dall’INPS a partire dal 2004 al 2009, infatti, dimostrano che i parasubordinati, nel periodo considerato, hanno subito un aumento del contributo previdenziale versato pari al 79,5%, a fronte di un aumento delle retribuzioni del 23,7% e ciò mentre il numero dei parasubordinati si riduceva di oltre il 10%.
Nella tabella che segue viene calcolato, oltre che il reddito lordo, anche quello effettivamente disponibile per il lavoratore, seguendo tre ipotesi:
- la migliore, che prevede che il versamento contributivo rimanga, come previsto dalla legge, per solo un terzo a carico del lavoratore. Ciò porta il reddito disponibile 2009 a 15883 euro, con un aumento reale rispetto al 2004 del 20,5%;
- la peggiore, che prevede che il versamento contributivo rimanga completamente a carico del lavoratore. Ciò porta il reddito disponibile 2009 a 12547 euro, con un aumento reale rispetto al 2004 del 13%;
- la media, che prevede che il versamento contributivo rimanga completamente a carico del lavoratore solo nel 50% dei casi. Ciò porta il reddito disponibile 2009 a 14249 euro, con un aumento reale rispetto al 2004 del 17%;
Secondo lo stesso criterio sono stati stimati i redditi dei parasubordinati nel 2010 (anno in cui il contributo previdenziale e’ aumentato del 1% raggiungendo il 26,72%) e nel 2011 nell’ipotesi che il Governo decida di portarlo al 33,72%, con un balzo di + 7 punti percentuali.
Come si vede, in tale ipotesi si avrebbe un aumento del 124% del contributo previdenziale, il che porterebbe i redditi disponibili al lavoratore, anche in presenza di un aumento retributivo statisticamente pari a quelli misurati negli anni precedenti, ad una perdita secca di circa 500 euro/annui nell’ipotesi media.


Tale aumento dei contributi avrebbe conseguenze anche più pesanti per i collaboratori a progetto, i quali hanno redditi sensibilmente minori rispetto alla media dei parasubordinati. Nella tabella che segue abbiamo tentato di quantificare l’effetto che la maggiore aliquota avrà sui collaboratori. Secondo le nostre stime, il reddito disponibile si ridurrà, nell’ipotesi media, a meno di 7 mila euro/anno, lo stesso livello del 2007. Ma considerando che questi lavoratori hanno capacità negoziali molto ridotte, e sono molti i datori di lavoro che stipulano con loro dei contratti “onnicomprensivi” degli oneri sociali (ad esempio nei settori della Pubblica Amministrazione, Universita’ e ricerca pubblica) , è realistico pensare che i loro redditi nel 2011 scenderanno sotto i 500 euro mensili (ipotesi peggiore), una capacità di spesa inferiore ai livelli del 2007.
Va anche ricordato che i maggiori cali occupazionali durante la crisi economica hanno colpito proprio i collaboratori a progetto e nella PA, che tra il 2007 e il 2009 sono passati da 975 mila a 772 mila, una riduzione del 20,8%.


Il paventato aumento dell’aliquota contributiva colpirà ancora di più i professionisti con partita iva che, non avendo un albo professionale, sono iscritti alla gestione separata INPS. Per tali professionisti la normativa vigente (legge 335 del 1995) prevede la possibilità (non obbligatoria) di applicare una rivalsa pensionistica al committente pari al 4% dell’importo fatturato . Tale rivalsa è rimasta identica dal 1995, e se all’epoca costituiva una quota del 40% del contributo pensionistico, nel 2010, con l’aliquota al 26,72% rappresenta solo il 14,8%, mentre con l’aumento ipotizzato dal Governo si ridurrebbe al 11,7%. Ma anche in questo caso la rivalsa del 4% rimane spesso teorica, in quanto raramente viene realmente applicata a causa delle resistenze dei committenti.
Come si veda dalla tabella 4 che segue, per i professionisti gli aumenti che si sono succeduti nel corso del tempo, tra il 1994 e il 2009 (e in particolare l’aumento di 5 punti avvenuto nel 2007), hanno portato, anche nell’ipotesi migliore (in cui il professionista riesca ad applicare al committente la rivalsa del 4%) a una riduzione del reddito disponibile di oltre il 17% che arriverà a superare il 22% nel caso che realmente l’aliquota previdenziali passi al 33% nel prossimo anno.
Va ricordato, per concludere, che per i professionisti il contributo previdenziale effettivamente versato è aumentato, nel periodo 2004-2009, del 43%, che diventerà il 91% nel 2011 qualora venga applicato l’ulteriore l’aumento dell’aliquota. Ciò è avvenuto mentre i redditi lordi dei professionisti si riducevano a causa della crisi di circa il 20% tra il 2008 e il 2009 e addirittura del 30% tra il 2006 e il 2009, mentre i redditi disponibili nel 2011 saranno inferiori a quelli del 2004 del 22 – 26 % a secondo delle stime adottate.


Conclusioni
Da quanto detto pare evidente che l’aumento delle aliquote previdenziali dei parasubordinati al fine di equipararle a quelle dei dipendenti costituisce una operazione velleitaria, in quanto a causa delle basse retribuzioni dei parasubordinati (specialmente dei collaboratori e delle partire Iva con unico committente) non riuscira’ a garantire una pensione dignitosa a questi lavoratori. Ma il peso della nuova aliquota, riducendo ulteriormente il reddito disponibile per i precari, spingera’ molti lavoratori ed aziende verso il lavoro sommerso.
Ogni operazione sulle aliquote non può a nostro avviso prescindere da tre operazioni:
- fissazione di una retribuzione minima oraria o giornaliera che tenga conto delle retribuzioni del settore di appartenenza, e che sia possibilmente contrattata a livello aziendale per evitare fenomeni di dumping retributivo tra lavoratori temporanei e dipendenti a tempo indeterminato;
- revisione dei meccanismi di ripartizione del contributo pensionistico tra azienda e lavoratore, equiparando le regole dei parasubordinati e dei professionisti con partita iva, e rendendo nulli i contratti che prevedono “retribuzioni all inclusive” che costringono il parasubordinato a detrarre dal suo compenso i contributi sociali.
- creazione di un’area di contribuzione “figurativa”, che garantisca una idonea previsione pensionistica anche a lavoratori le cui retribuzioni siano saltuarie e al di sotto di un limite minimo mensile per un orario full time.

ALLEGATI GRAFICI