giovedì, agosto 30, 2007

Che strani i cinesi

La Cina, sia che la si veda come temibile concorrente commerciale, sia come una straordinaria opportunità di business, è da tempo al centro dei pensieri di molti decision maker. Si organizzano missioni commerciali ed accademiche, i partiti politici e i sindacati cercano di penetrarne le complesse logiche di funzionamento politico. La Cina, insomma, attrae e fa paura. Ma pare anche che stia deludendo coloro che avevano pensato che potesse rappresentare un nuovo Eldorado. Business Week, il settimanale americano che anticipa spesso gli umori del capitalismo d’oltreoceano, lamenta, in un recente numero, la eccessiva cautela dei consumatori cinesi. I quali, nonostante la imponente crescita economica e l’aumento dei salari che ha costituito un enorme ceto intermedio, sono restii a correre nei centri commerciali a comprare televisori, cellulari, e motociclette con le quali sostituire i tradizionali cicli che riempiono le strade della Cina. Certo, la vendita di automobili l’anno scorso è cresciuta del 30%, ma rimane il fatto che gli 1,3 miliardi di cinesi, con una popolazione pari a quattro volte gli Stati Uniti, spendono solo il 12% rispetto agli americani. E la situazione non è destinata a capovolgersi in fretta, in quanto i cinesi anziché spendere tutto quello che guadagnano, paiono intenzionati a risparmiare. A ben scavare, però, il comportamento dei consumatori in quella parte del mondo sembra del tutto logica. Infatti, con la trasformazione in senso capitalistico della società, sono stati aboliti o pesantemente ridotti molti benefici di cui i cinesi godevano, quali l’abitazione di proprietà dello Stato, il sistema sanitario e quello scolastico gratuiti, e la pensione pubblica. Oggi chi vuole questi servizi è costretto a pagarli, spesso a caro prezzo. Nel frattempo, nonostante il tentativo di aumentare i salari di pari passo con la crescita economica, le retribuzioni rappresentano oggi il 41,4% del PIL, con un calo di oltre 11 punti rispetto al 1998. Negli Usa, questo rapporto si attesta al 57%. E’ evidente che, in tali condizioni si sia più propensi al risparmio che alla spesa. Le grandi corporation americane, in definitiva, stanno scoprendo i lati negativi del capitalismo cinese che esse stesse hanno partorito tramite le politiche dei bassi costi della manodopera.

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