martedì, luglio 06, 2010

65 anni e i diritti pari son
Di Patrizio Di Nicola


Questo mese le donne, specialmente quelle che lavorano nel pubblico impiego, segnano un punto a loro favore. Le cose stanno cambiando e grazie alle illuminate alte sfere dell’Unione Europea si affermerà in breve un’era di pari opportunità. L’età della pensione, che nel pubblico impiego sarà equiparata a quella degli uomini, sale a 65 anni. Appena lo ha saputo, il nostro ministro del lavoro è corso a Bruxelles, deciso a dirne quattro alla Commissaria Reading. Poi qualcuno deve avergli suggerito che in fin dei conti in questo modo si risparmiavano tre miliardi, che in periodi di vacche magre non sono mica da buttare. Inoltre – tranquilli - non erano mica davvero pari opportunità: nelle retribuzioni il gap del 20% (in Italia; in UK si arriva al 30%; ma tra le collaboratrici il differenziale retributivo di genere arriva al 50%) sarebbe rimasto inalterato, altrimenti che fine avrebbe fatto la competitività delle nostre povere imprese, assediate dalla competizione di cinesi e indiani? Ovviamente anche la difficoltà nel trovare un lavoro non sarebbe stato toccato. Altrimenti le ragazze non si divertono più a girare da un datore di lavoro all’altro per essere guardate come appestate se dicono che si, forse prima o poi gli piacerebbe avere un figlio. In fin dei conti, se cerchi un lavoro meglio essere sterile, lo sanno tutti. Il problema è che le donne guadagnano di meno in quanto lavorano troppo. Solo che il loro lavoro viene svolto fuori dal mercato, nel mondo degli affetti e della cura dei famigliari. Un lavoro inutile per le imprese, ma che per lo Stato ha un enorme valore economico. Si stima che le donne svolgano, ogni giorno, quasi 6 ore di lavori di cura (gli uomini solo 115 minuti). Se pagassimo questo lavoro quanto vale, cioè almeno con la retribuzione di una Colf, arriveremmo alla cifra di 308 miliardi di Euro, un terzo del PIL. Per fortuna lo fanno per amore, e non si decidono a presentare il conto. Così l’impeto ministeriale si è affievolito, giungendo alla rapida conclusione che sull’innalzamento dell’età pensionabile non si poteva trattare. Eravamo abituati male: in Europa si tratta sempre su tutto, dalle quote latte alla produzione dei cetrioli. Così, saremo il primo paese al mondo che, dopo aver relegato le donne in una gabbia di lavori malpagati e precari, anziché favorire la conciliazione, allungherà la disparità. Le donne, fuori dei ministeri, inscenano canti di gioia per lo scampato pericolo: in fin dei conti ad avere le stesse opportunità degli uomini proprio non erano abituate.

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