domenica, giugno 07, 2009

Il Fisco mi ha scritto…

di Patrizio Di Nicola

Cosa pensereste se, avendo inoltrata “regolare istanza” ad un ufficio del fisco per segnalare che una certa tassa (nella fattispecie quella sulla TV) non dovete più pagarla, e in risposta otterreste una lettera che inizia con le parole “la Sua comunicazione è inefficace” e termina con “si fa presente inoltre che sono ancora dovuti i seguenti importi:”? Ovviamente che la domanda è stata bocciata, e vi siete anche dimenticati di pagare negli anni passati. Invece non è così: un gentile addetto al call center vi spiegherà, al costo di 14 centesimi al minuto, che quella risposta è positiva. Deve essere però corredata di una dichiarazione aggiuntiva – peraltro difficile da comprendere: bisogna giurare di aver ceduto l’apparecchio TV a qualcun altro che già paga il canone. E se invece si fosse solo guastato? Oppure se, visto il ciarpame che passa in TV avessimo deciso di smettere di usarla, affidandoci ad Internet per aggiornarci e divertirci? Tale caso non è contemplato… Perdipiù, spiega il telefonista, gli importi dovuti in realtà non sono dovuti, nel senso che lo sarebbero solo nel caso che voi decideste di pagare la tassa anche in futuro (ma come, se ho chiesto di non pagarla, perché dovrei cambiare idea?). Per finire il giovane impiegato ci ricorda che la documentazione ad integrazione va inviata entro 15 giorni, altrimenti decade tutta la pratica. Peccato che loro, il fisco, ci abbia impiegato tre mesi per reagire alla nostra “istanza”. Cioè sei volte il tempo che concede a noi. Forse io sono troppo pignolo, ma c’è qualcosa che non funziona nel modo di comunicare del Fisco con l’utente, se capita che una persona di intelligenza media abbia problemi a decodificare una missiva. Ma tutti i soldi spesi per l’e-government a cosa servono se non si riesce neanche a scrivere con chiarezza una lettera? Il dubbio forte è che siano stati in buona parte fondi gettati al vento, utili per lo più a finanziare acquisti di macchinari che ingombrano gli uffici senza incidere né sull’organizzazione, né sugli stili di comunicazione, i quali rimangono astrusi, burocratici e autoreferenziali. Così si spiegherebbe come mai, nel recente rapporto ONU sulla preparazione nei confronti dell’e-government l’Italia figuri al posto n. 27, e sia preceduta, solo per fare qualche esempio da Slovenia (n.26), Repubblica Ceca (n. 25) ed Estonia (al n. 13). E ovviamente da tutte le nazioni europee, Spagna inclusa, che nell’ultimo anno ha reso disponibili i siti web del governo, oltre che in spagnolo e inglese, anche in cinese, giapponese, russo, tedesco e portoghese. Provate per curiosità ad andare sul portale ufficiale del Governo italiano: solo in italiano, appunto. Va un po’ meglio nel sito del prossimo G8, che almeno prevede la lingua inglese. Ma solo quella. Forse ai “Grandi 8” si poteva fare la cortesia di scrivere nelle loro lingue madri, no?

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