sabato, ottobre 16, 2010

Sindacato e mal di Internet
Di Patrizio Di Nicola


Nell’ultimo quarto di secolo in molti Paesi avanzati si è assistito a crescenti difficoltà nell’azione sindacale, con conseguente riduzione della rappresentatività sociale e in parte anche dell’influenza sulla scena pubblica. Ovviamente si tratta di esperienze nazionali differenti per intensità del fenomeno e per caratteristiche specifiche dei singoli contesti di riferimento. In alcuni casi si può parlare di una semplice fase di ripiegamento, in altri la tendenza in atto assume i tratti di un vero e proprio declino. Tuttavia, indipendentemente dal diverso grado di intensità, il clima di difficoltà dei sindacati nelle società moderne appare un fenomeno generalizzato.
Recenti studi comparati, che hanno preso in considerazione i Paesi maggiormente rappresentativi delle economie internazionali, offrono una fotografia puntuale sullo stato di salute dei sindacati. In particolare la ricerca di Jelle Visser sulla sindacalizzazione in 24 nazioni , ha realizzato una comparazione del numero di iscritti e dell’andamento dei tassi di sindacalizzazione. La tabella 1, relativa al numero di iscritti tra il 1970 e il 2003, mostra le tendenze del fenomeno. Nel 1980, ben diciassette nazioni presentano un numero di iscritti al sindacato più elevato rispetto al decennio precedente, in alcuni casi un massimo storico (come ad esempio negli Stati Uniti, Italia e Gran Bretagna). L’unica eccezione negativa è rappresentata dalla Francia, che al contrario in quei 10 anni di crescita generalizzata registra un calo nel numero di iscritti.
Gli anni Novanta segnano un’inversione di tendenza e la sindacalizzazione cresce solo in otto nazioni su ventiquattro: Canada, Australia, Corea, Finlandia, Svezia, Norvegia, Danimarca, Spagna. In dieci Stati i sindacati hanno perso quote di iscritti (Stati Uniti, Nuova Zelanda, Giappone, Germania, Francia, Italia, Regno Unito, Irlanda, Paesi Bassi, Austria; la situazione del Belgio, pur facendo registrare qualche iscritto in meno, può essere considerata sostanzialmente stabile).
L’ultima decade fa registrare un’ulteriore battuta d’arresto: la sindacalizzazione continua a ridursi o si mantiene pressoché stabile, e gli iscritti aumentano in soli sei Paesi, ossia Norvegia, Danimarca, Olanda, Belgio, Spagna e Germania.





La situazione di difficoltà in cui versano i sindacati si palesa con maggiore evidenza se osserviamo i tassi di sindacalizzazione. Nel 2000, quasi ovunque la densità sindacale ha valori inferiori rispetto al 1970 e al 1980. Nei casi dell’Australia, della Nuova Zelanda, degli USA e dell’Austria le percentuali di sindacalizzazione si sono dimezzati nell’arco di trent’anni, e in molti altri casi il calo è stato superiore ai 10 punti. Unica eccezione è rappresentata da un blocco di Paesi che migliorano i già alti tassi di sindacalizzazione: si tratta di Finlandia, Svezia, Belgio, Spagna e, almeno rispetto agli anni Sessanta, anche la Danimarca.
In sostanza appare evidente che i sindacati contemporanei nel decennio appena passato hanno vissuto un momento di seria difficoltà, anche se non dovunque questo si è ripercosso immediatamente sulla capacità di negoziare e di essere riconosciuti dalla controparte e dai Governi.

Il Sindacato Open Source

La rappresentanza sindacale necessita oggi di un rinnovamento per passare da un modello tradizionale di azione in cui informazione, orientamento, discussione e decisione si susseguono secondo una precisa liturgia organizzativa, a un modello reticolare ed orizzontale, più consono al modo di comunicare che utilizzano i giovani lavoratori e le stesse imprese. Internet rappresenta una concreta opportunità per ricostruire i necessari legami sociali tra il sindacato e i lavoratori, compromessi dai processi produttivi di decentramento e flessibilizzazione degli ultimi decenni. Peraltro si tratta di un ritorno alle origini, nel senso che nel sindacato la comunicazione ha sempre avuto un ruolo di primo piano. Lo sviluppo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT) ha posto una nuova sfida ai sindacati che si trovano nella condizione di doversi adeguare agli standard comunicativi raggiunti dalle altre organizzazioni e di trasferire le proprie attività e funzioni di rappresentanza sul Web, perseguendo un cambiamento che è riduttivo vivere come eminentemente tecnologico in quanto è soprattutto culturale.
Lo scenario di utilizzo delle ICT da parte del sindacato, in particolare nel nostro Paese, non è ancora ben definito. Le rilevazioni svolte da chi scrive su un campione di sindacati di vari settori e territori hanno dimostrato con chiarezza che il Web viene utilizzato soprattutto come “vetrina informativa”, a volte con linguaggi autoreferenziali, altre volte con logiche giornalistiche, mentre sono rari i tentativi di rendere gli spazi online funzionali all’interazione organizzativa con i lavoratori. In Italia la riflessione intorno al rapporto tra Internet e sindacato stenta a decollare, mentre all’estero il dibattito è ricco e fruttuoso. Ad esempio in Gran Bretagna lo studioso R. Darlington della LSE parlava di e-unions già dal 2000, alla luce della considerazione che in Rete aumenta l’importanza degli intermediari in grado di offrire servizi e coordinamento ai lavoratori. Di qui il suggerimento ai sindacati, di trasformarsi rapidamente in e-unions e fornire servizi digitali agli iscritti . Cosa ovviamente non facilissima, come spiega la ricerca sui sindacati australiani svolto da Sandra Cockfield nel 2003 . La studiosa, dopo aver analizzato oltre 100 siti web di organizzazioni di rappresentanza, conclude che l’uso che essi ne fanno è limitato, e manca una strategia intesa a reclutare e coinvolgere i lavoratori. Cosa, va detto, che sarebbe più facile fare tramite internet che non nei modi tradizionali, almeno quando i lavoratori operano in piccole unità produttive decentrate, se non addirittura in telelavoro, quindi fuori dell’azienda. Nello stesso periodo, Diamond e Freeman , con una lucida quanto anticipatrice analisi individuavano cinque funzioni principali che Internet poteva assolvere per le organizzazioni di rappresentanza:
- Fornire servizi individualizzati agli iscritti;
- Costruire sezioni sindacali virtuali tra le aziende senza rappresentanze organizzate;
- Incrementare i livelli di dibattito e di democrazia interna;
- Divenire uno spazio per nuove forme di conflitto (i cyber strike)
- Favorire la nascita di nuove forme di internazionalismo, collegando sindacati e lavoratori di nazioni diverse


Oggi – mutuando il linguaggio del sistema operativo Linux – si può parlare di Sindacato Open Source , inteso come forma organizzativa che fa un uso intensivo se non esclusivo di internet per informare gli iscritti, ma soprattutto per connettere tra di loro attivisti e delegati di aziende diverse e per fornire ai lavoratori servizi che vanno al di là di quelli legati alla contrattazione collettiva. Il sindacato OS costituisce una comunità virtuale di sindacalisti e lavoratori; proprio come avviene nella vita reale, esso porta avanti campagne di tesseramento, ha leader e militanti, porta avanti lotte e rivendicazioni. Le principali caratteristiche del sindacato OS, messe a confronto con la normale forma sindacale, sono riportate nella tabella 3 che segue.



Come si vede, per il Sindacato OS l’uso di Internet non è inteso come mero affiancamento di un nuovo canale di comunicazione a quelli sinora utilizzati, ma va inteso come innovazione radicale di un modo tradizionale di essere sindacato. In tal senso la Rete serve a creare una dimensione associativa nuova, ove opera una rete sociale di nuovi interessi e iniziative, finalizzato a espandere la copertura sindacale e a fornire servizi agli iscritti vecchi e nuovi.
Ci vorrà molto coraggio, ma probabilmente sarà questa la strada che porterà il sindacato a un maggior radicamento tra i lavoratori post industriali.

2 commenti:

giuseppe ha detto...

molto interessante... non ne avevo mai sentito parlare

si ha detto...

mi piacerebbe saperne di più.. si tratta di aggregazioni in qualche modo territoriali o di sole collettività in rete?
Grazie
Luca