Giovani flessibili
L’avvento del lavoro precario ha dato molto da scrivere a commentatori e studiosi, a partire dai “padri” della Sociologia del lavoro, Aris Accornero e Luciano Gallino. In particolare, negli ultimi tempi, sono stati pubblicati dall’editore il Mulino tre volumi dedicati ai “giovani flessibili”. Si tratta di studi accademici, quindi condotti con estremo rigore e metodo. Il primo testo (Coppie flessibili. Progetti e vita quotidiana dei lavoratori atipici, di Luca Salmieri , edito nel 2006) si concentra sulla debolezza delle coppie, tra i 20 e i 40 anni, titolari di rapporti di lavoro flessibile. Il libro analizza la profonda fragilità della loro vita, ma anche la scommessa di stare insieme nonostante i mutui negati, gli stipendi che non permettono di arrivare a fine mese, le difficoltà legate alla disoccupazione sempre incombente. Vivere insieme per queste coppie flessibili è molto difficile: il lavoro viene prima di tutto, bisogna assicurarsi la sopravvivenza e non andare in rosso in banca, per cui è impossibile non lasciarsi coinvolgere dalle pressioni che le aziende esercitano sugli orari e i tempi di consegna dei lavori. Questo porta a sacrificare la sfera affettiva, la maternità, la cura del sé. E mette a rischio la stabilità della coppia. Il secondo volume, scritto nel 2009 da Fabio Berton, Matteo Richiardi e Stefano Sacchi, denuncia sin dal titolo (Flex-insecurity) l’anomalia italiana del lavoro flessibile che diventa precario. In Europa la flessibilità si regge su due gambe: da una parte la prestazione, che può essere a termine e atipica; dall’altra le tutele, che devono essere forti proprio in virtù del “rischio sociale” che la flessibilità comporta. In Italia ciò non è successo, e i lavori flessibili sono stati introdotti senza curarsi dei contrappesi. Per uscire da tale situazione, propongono gli autori, bisogna fare al più presto quattro cose: 1) unificare le aliquote contributive tra i diversi contratti; 2) introdurre il salario orario minimo; 3) prevedere una indennità di fine rapporto a carico delle imprese che non rinnovano il contratto flessibile; 4) riformare gli ammortizzatori sociali per farne beneficiare anche i lavoratori atipici. Quattro proposte semplici, che ovviamente nessuno, al Ministero del Lavoro, ha ascoltato. L’ultimo libro, scritto da Piero Amerio, si concentra sui Giovani al lavoro. Basato su di un campione di 2000 giovani piemontesi, tenta di valutare il lavoro a partire dalle stratificazioni sociali. Così, si scopre che il lavoro è valutato in prima istanza per la sua strumentalità economica, ma esso è per i giovani anche un luogo materiale e simbolico che richiede impegno e fatica, nonché un fatto sociale che può portare problemi e minacce. La precarietà si contrappone alla soddisfazione, e spesso dipende da forti disuguaglianze di base, come il reddito familiare o gli studi svolti. Ma quel che più colpisce è la mancanza di senso del futuro: in una società anziana che li soffoca i giovani autolimitano le proprie aspettative e navigano a vista. In fin dei conti sopravvivere è già un mestiere impegnativo.
sabato, ottobre 16, 2010
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