Posta in eccesso
L’Italia per molti versi è un Paese bizzarro: molte cose ci mancano, ma altre ne abbiamo in abbondanza, molto al di là di quanto siano realmente utili. Prendete ad esempio la Posta Elettronica Certificata (detta PEC). Una bella invenzione, che permette a un qualsiasi cittadino di scrivere agli uffici pubblici o stipulare contratti e ordini tra aziende senza usare la carta, i francobolli e le raccomandate. La PEC è obbligatoria per le aziende sin dalla fine del 2008, e può essere acquistata da uno dei molti fornitori autorizzati banche, enti, Internet provider, ecc.), mentre per i professionisti diventerà obbligatoria dal prossimo mese. Tutto bene, allora? Non proprio. L’iperattivo Ministro per l’Innovazione ha pensato che una casella di posta certificata non bastasse. Ed ha iniziato le procedure di gara per assegnare a un gestore unico nazionale l’incarico di creare un servizio di “comunicazione elettronica certificata tra pubblica amministrazione e cittadini” (in breve CEC-PAC). Le nuove caselle per i cittadini costeranno al Ministero 50 milioni di Euro e saranno utilizzabili solo per comunicare con gli uffici pubblici attrezzati (quali saranno?). I servizi aggiuntivi (come la firma digitale, che sembrerebbe non proprio un accessorio per la posta certificata) saranno invece rilasciati a fronte di un pagamento da parte del cittadino. Insomma dovremo avere due caselle? No, tre. Infatti nel frattempo, tra un seminario e un convegno, il titolare del dicastero ha stipulato un accordo con ACI e INPS, che dovranno rilasciare a loro volta, a domanda del cittadino, una “loro” casella di posta certificata, valida solo per comunicare con i due Enti. Si parla di 2 milioni di indirizzi, che poi dovranno essere unificati, ancora non si sa come (ma certo sarà oneroso), con gli altri che verranno dopo o sono venuti prima. Insomma, una confusione senza pari. Non è un caso che l’Italia, tra i paesi più sviluppati, sia all’ultimo posto per l’uso di Internet.
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