lunedì, febbraio 23, 2009

Ebay, un mondo tax free?

Di Patrizio Di Nicola


ComScore, una società statunitense che tiene traccia in tempo reale dell’uso che si fa di Internet ha di recente misurato un miliardo di persone online nell’arco di un mese: Si tratta di individui unici, quindi persone vere che usano la rete. La comunità più larga, a differenze di quanto si potrebbe pensare, non è composta di nord americani (sono 163 milioni), ma da cinesi: ben 180 milioni di utenti della rete vengono da quella nazione. L’Italia è all’undicesimo posto, con 21 milioni di utenti, oltre un terzo della popolazione. Queste persone in rete fanno di tutto: scrivono blog, leggono news, scoprono nuovi amici, partecipano a enciclopedie virtuali. Alcuni di loro, si spera pochi, evadono anche le tasse, proprio come si fa nella vita reale. Pochi giorni fa molti utenti italiani di E-Bay, il popolare sito di e-commerce tramite aste, ha comunicato ai suoi clienti di aver passato alla Guardia di Finanza i nominativi di molti venditori che, negli ultimi cinque anni, hanno effettuato un elevato numero di transazioni, per importi tutt’altro che insignificanti. Senza, ovviamente, curarsi di pagare alcun tipo di tassa che non sia la percentuale dovuta a E-Bay. Se ciò è perfettamente regolare qualora un privato cerca di disfarsi di un oggetto che non utilizza più, le cose cambiano ovviamente quando lo stesso privato addirittura apre un “negozio” online completamente abusivo. Come ha fatto quel signore di una città del Nord Italia che, racconta l’edizione online del Secolo XIX, in pochi mesi ha venduto 26 mila oggetti, guadagnandosi 600 mila euro e guardandosi bene dal versare una sola lira di tasse. Per fortuna che il gioco del “Guardia e Ladri”, tra evasori e finanzieri, continua anche su Internet. In fin dei conti, anche nel mondo virtuale rimane vero che se tutti pagano il dovuto, alla lunga pagheremo meno.
Inutile e virtuale
Di Patrizio Di Nicola

Gli italiani, come noto, non sono particolarmente amanti delle nuove tecnologie: da noi la percentuale d’uso dei PC, di Internet, delle carte di credito, degli acquisti online, ecc. è molto minore rispetto alle medie europee o al Nord America. Siamo invece follemente innamorati delle tecnologie che richiedono, per essere utilizzate, poco studio e ancora minore fatica: ne sia un esempio la diffusione dei cellulari, che ormai copre tutta la popolazione e anche di più, inclusi neonati e vecchine ultranovantenni. I cellulari, ovviamente sono sempre più complessi, ma da noi se ne fa quasi sempre un utilizzo di base: qualche chiamata – a costi decisamente superiori a quanto sarebbe giusto – qualche SMS, anch’essi a caro prezzo. Ma da qualche mese è scoppiata una nuova moda: Facebook. Il sistema, nato nel 2004 per tenere in contatto gli studenti delle maggiori università americane, si è rapidamente espanso, sino a raggiungere una base di 160 milioni di utenti nel mondo. In Italia, negli ultimi 5 mesi, vi è stato un boom di iscritti: da meno di 500 mila a circa 5 milioni di persone (almeno così pare: i dati del virtuale sono spesso un po’ incerti). Un successo strepitoso, se si pensa che Facebook praticamente non serve a nulla che non sia comunicare. Gli utenti, infatti, una volta iscritti, debbono cercare i loro amici (ovviamente se li invitano a diventare membri del sistema quelli di Facebook saranno molto più felici: ogni utente ha un valore stimato di un decimo di dollaro), e iniziare a scambiarsi messaggini. Oppure a inserire foto private (abbondano bambini, vacanze, paesaggi…) e commentare quelle degli altri utenti. Un’altra attività molto frequente consiste nel creare delle “cause” e chiedere agli amici di supportarle. Ne esistono di serissime (contro la mafia, ad esempio) e di assolutamente inutili (come quella sull’importanza di avere molte scarpe nell’armadio). Una volta aderito alla “causa” cosa succede? Ovviamente nulla, questo è un esempio di mondo virtuale con propaggini inutili. Speriamo che nel futuro il sistema migliori, sia sotto il profilo della tutela della privacy degli utenti, sia dal punto di vista dell’utilità.