lunedì, agosto 23, 2010

Wiki e libertà?

La complicata storia di Wikileaks e del suo fondatore hanno animato gli ultimi giorni dell’estate. Da una parte infatti un sito dedicato a raccogliere, pubblicare e commentare i documenti segreti dei Governi e delle imprese per smascherarne le malefatte, che ha ricevuto e messo online decine di migliaia di memorandum e documenti vari sulla guerra americana in Afghanistan. Dall’altra il Pentagono e le altre agenzie dedicate alla sicurezza, che vogliono impedire – forse non solo con mezzi legali - la pubblicazione delle indiscrezioni affermando che esse metterebbero a rischio l’identità di agenti e collaboratori, esponendoli a possibili rappresaglie. In mezzo la Libertà di stampa, quella con la maiuscola. Quanto tale libertà deve essere totale, e quanto deve invece fermarsi davanti a possibili conseguenze sulle persone? E chi decide quale deve essere il confine tra il diritto di cronaca, libertà degli individui e correttezza dell’informazione? Penso che sia proprio questa la domanda cruciale. A mio avviso non esiste, al momento, neanche su Internet, nessun sistema che sia completamente libero. Neanche Wikipedia, the Free Encyclopedia fondata da Jimmy Wales e che si basa sulla libertà di ciascun utente di scrivere o modificare una qualsiasi voce, è davvero completamente libera. Non tutti sanno, infatti, che ogni voce, scritta ex-novo o modificata, è soggetta ad una policy di revisione condotta da un team di utenti più coinvolti, che diventano amministratori dell’enciclopedia (al momento sono circa mille negli Usa e 102 in Italia). Gli amministratori possono fare varie operazioni sulle voci di Wikipedia, tra cui modificarle annullando le variazioni fatte da altri utenti. Ma soprattutto hanno il potere di cancellare – decidendo da soli o dopo una consultazione con altri amministratori - una voce se la ritengono non confacente con gli standard di enciclopedicità. Non è detto che le decisioni degli amministratori siano sempre corrette: ad esempio nel 2009 fu rifiutata la pubblicazione di una voce dedicata al Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo, mentre oggi tale voce è regolarmente online. Ancor più famoso è il caso di David Rohde, un reporter del New York Times sequestrato in Pakistan dalle milizie talebane e rimasto in ostaggio al 20 giugno 2009. Per tutto il periodo della sua prigionia gli amministratori, a fronte di un accordo raggiunto con la testata cartacea, cancellarono sistematicamente ogni informazione che veniva inserita sul rapimento. Ciò allo scopo di non danneggiare le eventuali trattative in corso per la sua liberazione. Insomma la libertà totale non esiste, in quanto qualcuno che controlla e verifica le notizie ancora serve, anche nel mondo di Internet. Quel che preoccupa, semmai, e’ che su Internet questi controllori non sempre sono noti con nome e cognome, e raramente qualcuno accerta se hanno la competenza necessaria per fare il lavoro che fanno.