Lavorare meno, lavorare tutti?
Sacconi, dopo aver pensato di far lavorare di più gli italiani allungando l'eta pensionabile, ora vuole farli lavorare di meno, riducendo la giornata lavorativa a 4 giorni. Ottima idea. Basterebbe:
- estendere la cassa integrazione a tutte le imprese;
- mettere tutti i lavoratori in cassa integrazione il venerdi, come la Fiat fa spesso durante l'anno sin dal 1960.
La nuova pensata di Sacconi non e' che nasconde la volonta' di far pagare la settimana cortissima ai lavoratori?
Lavori un giorno in meno, prendi il 20% in meno. L'azienda ci guadagna, in quanto non paga lo stipendio e si prende una maggiore produttivita' (come noto il venerdi e' il giorno peggiore per le imprese: i lavoratori sono stanchi).
Solo una piccola controindicazione: tra crisi e impoverimento, poi ci ritroveremo con almeno il 20% in piu' di lavoro nero, e a prezzi stracciati. Con grande vantaggio per le aziende che evadono le tasse.
Speriamo che sia la solita dichiarazione delle 9 e smentita a mezzogiorno.
Noi abbiamo altri problemi: secondo l'Istat di oggi, è salita dal 14,6% al 15,4% il numero delle famiglie che ha dichiarato di arrivare con molta difficoltà alla fine del mese. L'Istat rileva «segnali di disagio particolarmente marcati» al sud e nelle isole, e in particolare in Sicilia dove sale al 10,1% il numero di famiglie con problemi di risorse per il cibo.
(Fonte: http://www.corriere.it/economia/08_dicembre_22/istat_soldi_cibo_5d31ad60-d01d-11dd-b6ee-00144f02aabc.shtml?fr=box_primopiano)
mercoledì, dicembre 24, 2008
Gli auguri della TIM
Ricevo dalla Tim questo SMS:
"TIM ti augura buone feste! In palio solo per OGGI un BUONO SPESA da 10.000 Euro! Rispondi SI a questo SMS e sei nei sorteggi! 1,2E per 1 contenuto. Reg.4500.it"
Ma non vi sembra che sia ingannevole? Mica e' tanto chiaro che se rispondi ti tolgono 1 Euro + Iva dal credito. Questo dovrebbe significare "1,2E per 1 contenuto. Reg.4500.it", almeno credo.
Alla faccia degli auguri!
Ricevo dalla Tim questo SMS:
"TIM ti augura buone feste! In palio solo per OGGI un BUONO SPESA da 10.000 Euro! Rispondi SI a questo SMS e sei nei sorteggi! 1,2E per 1 contenuto. Reg.4500.it"
Ma non vi sembra che sia ingannevole? Mica e' tanto chiaro che se rispondi ti tolgono 1 Euro + Iva dal credito. Questo dovrebbe significare "1,2E per 1 contenuto. Reg.4500.it", almeno credo.
Alla faccia degli auguri!
sabato, dicembre 20, 2008
Asini e ministri
Di Patrizio Di Nicola
Viviamo in un mondo digitale, lo diciamo quasi ogni giorno. Vuol dire, tra l’altro, che abbiamo accesso in tempo reale a miriadi di informazioni su base planetaria. Ma ciò non significa automaticamente che ne sappiamo di più su tutto: il rischio di sbagliare, quando le informazioni vengono trattate con superficialità, è ancora maggiore che nel vecchio mondo analogico. Un esempio di quanto sia facile “prendere fischi per fiaschi” ci viene da due ministri dell’attuale governo. Gli onorevoli Brunetta e Rotondi, nel corso di alcuni dibattiti televisivi sui presunti sprechi delle università, citavano ripetutamente, avendolo trovato probabilmente nel database informatico del ministero della ricerca, il caso di un finanziamento (peraltro di poche decine di migliaia di Euro) utilizzato dall’Università di Pisa per studiare la conservazione dell’Asina del Monte Amiata. Inutile dire che tale studio veniva portato dai due politici quale esempio di ricerca inutile, ovviamente da tagliare in un’ottica efficientistica. Soldi pubblici buttati al vento, insomma. A ristabilire la verità ci ha pensato il titolare della ricerca, un serissimo professore di veterinaria, che in una lettera aperta pubblicata su internet spiegava pazientemente ai due ministri che la sua ricerca aveva lo scopo di mantenere in esistenza un animale a rischio di estinzione, il cui latte rappresenta l’unico nutrimento possibile per neonati afflitti da gravi intolleranze alimentari, e che pertanto non possono essere allattati al seno materno. Inutile dire che dal finanziamento sono scaturiti ben 26 saggi, articoli e comunicazioni a convegni, in Italia e all’estero. Dove sono molto interessati a questa ricerca italiana, che la comunità scientifica evidentemente non considera inutile. In definitiva, grazie al mondo digitale, scopriamo che gli Asinelli non sono soltanto sul Monte Amiata: vanno anche a Ballarò, e camminano su due zampe.
Di Patrizio Di Nicola
Viviamo in un mondo digitale, lo diciamo quasi ogni giorno. Vuol dire, tra l’altro, che abbiamo accesso in tempo reale a miriadi di informazioni su base planetaria. Ma ciò non significa automaticamente che ne sappiamo di più su tutto: il rischio di sbagliare, quando le informazioni vengono trattate con superficialità, è ancora maggiore che nel vecchio mondo analogico. Un esempio di quanto sia facile “prendere fischi per fiaschi” ci viene da due ministri dell’attuale governo. Gli onorevoli Brunetta e Rotondi, nel corso di alcuni dibattiti televisivi sui presunti sprechi delle università, citavano ripetutamente, avendolo trovato probabilmente nel database informatico del ministero della ricerca, il caso di un finanziamento (peraltro di poche decine di migliaia di Euro) utilizzato dall’Università di Pisa per studiare la conservazione dell’Asina del Monte Amiata. Inutile dire che tale studio veniva portato dai due politici quale esempio di ricerca inutile, ovviamente da tagliare in un’ottica efficientistica. Soldi pubblici buttati al vento, insomma. A ristabilire la verità ci ha pensato il titolare della ricerca, un serissimo professore di veterinaria, che in una lettera aperta pubblicata su internet spiegava pazientemente ai due ministri che la sua ricerca aveva lo scopo di mantenere in esistenza un animale a rischio di estinzione, il cui latte rappresenta l’unico nutrimento possibile per neonati afflitti da gravi intolleranze alimentari, e che pertanto non possono essere allattati al seno materno. Inutile dire che dal finanziamento sono scaturiti ben 26 saggi, articoli e comunicazioni a convegni, in Italia e all’estero. Dove sono molto interessati a questa ricerca italiana, che la comunità scientifica evidentemente non considera inutile. In definitiva, grazie al mondo digitale, scopriamo che gli Asinelli non sono soltanto sul Monte Amiata: vanno anche a Ballarò, e camminano su due zampe.
Università telematiche
Di Patrizio Di Nicola
In questi giorni di agitazione, si è molto parlato del sistema universitario italiano, sia per difenderlo che per attaccarlo, magari solo allo scopo di “fare cassa” togliendogli le risorse per il normale funzionamento. Ma non vi è dubbio che alcune debolezze esistono nelle nostre accademie. L’estrema frammentazione, in termini sia di sedi che di corsi di laurea è una di queste. Purtroppo la frammentazione esiste anche online: proliferano sia i corsi di laurea online, sia le università telematiche. Secondo il rapporto Omniacom 2007, in quell’anno esistevano ben 222 corsi erogati da 45 atenei, con un numero di iscritti pari a 48.391 (l’incremento, rispetto al 2005/06, è stato del 21,5 %). Si tratta di un mercato di oltre 84 milioni di euro, considerando che le tasse di iscrizione ai corsi a distanza sono mediamente quasi doppie rispetto all’università tradizionale. Ma in Italia esistono anche le Università Telematiche: si tratta di strutture quasi esclusivamente virtuali, autorizzate dall’allora ministro dell’Istruzione Moratti, e viste con sospetto dal suo successore Mussi che ne ha fermato lo sviluppo. Nel 2007 erano nove enti, per un totale di 9.376 iscritti. La più grande di tutte è l'Università Telematica Marconi di Roma con l’81,4% del mercato totale. Il panorama delle lauree online, quindi, è estremamente polverizzato: troppe università spendono soldi per offrire corsi a pochi studenti – e spesso di tratta di poco più di lezioni in videoconferenza - mentre il modello dell’e-learning ha i maggiori vantaggi nella condizione opposta: quando poche istituzioni offrono corsi certificati e di alta qualità a milioni di studenti online che sono in grado, grazie a sofisticate tecnologie, di apprendere e cooperare in rete. Purtroppo la malattia del particolarismo, che affligge le nostre università tradizionali, ha ormai contagiato anche quelle online e non si vede all’orizzonte un medico esperto.
Di Patrizio Di Nicola
In questi giorni di agitazione, si è molto parlato del sistema universitario italiano, sia per difenderlo che per attaccarlo, magari solo allo scopo di “fare cassa” togliendogli le risorse per il normale funzionamento. Ma non vi è dubbio che alcune debolezze esistono nelle nostre accademie. L’estrema frammentazione, in termini sia di sedi che di corsi di laurea è una di queste. Purtroppo la frammentazione esiste anche online: proliferano sia i corsi di laurea online, sia le università telematiche. Secondo il rapporto Omniacom 2007, in quell’anno esistevano ben 222 corsi erogati da 45 atenei, con un numero di iscritti pari a 48.391 (l’incremento, rispetto al 2005/06, è stato del 21,5 %). Si tratta di un mercato di oltre 84 milioni di euro, considerando che le tasse di iscrizione ai corsi a distanza sono mediamente quasi doppie rispetto all’università tradizionale. Ma in Italia esistono anche le Università Telematiche: si tratta di strutture quasi esclusivamente virtuali, autorizzate dall’allora ministro dell’Istruzione Moratti, e viste con sospetto dal suo successore Mussi che ne ha fermato lo sviluppo. Nel 2007 erano nove enti, per un totale di 9.376 iscritti. La più grande di tutte è l'Università Telematica Marconi di Roma con l’81,4% del mercato totale. Il panorama delle lauree online, quindi, è estremamente polverizzato: troppe università spendono soldi per offrire corsi a pochi studenti – e spesso di tratta di poco più di lezioni in videoconferenza - mentre il modello dell’e-learning ha i maggiori vantaggi nella condizione opposta: quando poche istituzioni offrono corsi certificati e di alta qualità a milioni di studenti online che sono in grado, grazie a sofisticate tecnologie, di apprendere e cooperare in rete. Purtroppo la malattia del particolarismo, che affligge le nostre università tradizionali, ha ormai contagiato anche quelle online e non si vede all’orizzonte un medico esperto.
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